La mia Storia

Se “navigando” sei giunto fin qui a visitare questo sito, probabilmente un forte mal di schiena ti sta togliendo il sonno.

Succedeva anche a me, anzi succede ancora, quando non mostro, diciamo così, una certa “intelligenza lombare”.

Mi chiamo Luigi Angelini e prima ancora di laurearmi in Scienze Motorie, prima ancora di conquistare l’argento ai campionati italiani di Taekwondo, prima ancora di divenire preparatore atletico di Golf, ho convissuto per anni con uno scomodo compagno, un ospite indesiderato della mia vita: il mal di schiena.

Sono figlio di un autotrasportatore che ha dato la sua intera vita per svolgere il suo lavoro con onestà, dedizione e professionalità.

Come ogni figlio che vede il proprio genitore come un idolo, anche io ho imparato tanto da mio padre. Sin da quando avevo 5 anni, mi portava con sé durante l’estate nei suoi lunghi viaggi, in quella cabina che per lui era una seconda casa e come tale veniva trattata.

Sebbene agli inizi accompagnare il mio idolo nelle sue trasferte lavorative fosse motivo di entusiasmo, devo dire che ho patito un po’ questo imprinting paterno. Ero l’unico figlio maschio e nei suoi immaginari, io ero l’erede dell’azienda familiare che con orgoglio lui aveva creato di sana pianta. ​ In realtà, anche se ero felice di esser considerato il braccio destro di mio padre, dentro di me era forte la voglia di scender da quel camion e di fare l’unica cosa che mi piaceva fare: praticare sport.

E ​se c’era una cosa che mi appassionava più di tutte, erano le arti marziali. Mia madre, ​col suo genuino spirito di osservazione​, lo capì subito.

​Ovviamente la mia era una famiglia dedita al sacrificio, così quando ​lei ​mi accompagnò per la prima volta in una palestra di Karate assecondando di comune accordo con papà il mio desiderio, mi diede una utilissima lezione di responsabilità verso quel sacrificio. ​ Forse per questo senso di responsabilità ​ereditato dai miei genitori, ​dimostrai loro che quella passione per le arti marziali non era un semplice capriccio preadolescenziale. Così un bel giorno, ​ mia madre con un sorriso pregno di complicità ​e ​motivazione, ​mi consegnò un volantino che presentava una nuova palestra di Taekwondo poco distante da casa.

Con il Taekwondo fu amore a prima vista e da allora non ho più smesso di praticarlo. Avevo un maestro carismatico che mi insegnò quanto fosse importante l’allenamento. E così la sera mi allenavo nel garage sotto casa, dove mio padre parcheggiava i camion che durante la settimana ovviamente erano in trasferta. E da solo, in un ammasso di polvere, mi allenavo fino alle urla di mia madre che mi chiamava per la consueta ​cena.

Ma durante l’estate, parcheggiavo la passione e saltavo di nuovo su quel camion, anche se, ogni volta che tornavo a casa non perdevo un attimo per correre ad allenarmi. Ricordo che un giorno, avevo 16 anni, appena partiti verso il nord per diverse urgenti consegne, ero pieno di sconforto e confidai a mio padre di voler aprire una palestra, proprio lì, in quel garage. Non nego che ebbi qualche timore nell’esporre questo sogno, ​​non perché temessi la sua contrarietà​, ​​ma perché ​sapevo che quel sogno, se fosse stato assecondato, avrebbe lasciato allo scoperto i suoi camion. Non disse nulla, e per me quello non fu un brutto segno, anzi. Mio padre sapeva esprimere i suoi dissensi, e quel silenzio al contrario, era un’approvazione: prima o poi mi avrebbe permesso di realizzare quel sogno.

Ma intanto gli anni volavano e come ogni estate, io continuavo a conoscere il mondo della “logistica”, come ​viene definito l’autotrasporto.

A 16 anni mi occupavo anche della contabilità spicciola dell’attività paterna e a 18 anni e 6 mesi, ormai dotato di tutte le patenti necessarie, subito dopo aver conseguito la maturità come Perito Tecnico Industriale, mio padre mi affida il mio primo (ed ultimo) camion. E anche io comincio a viaggiare, a dormire da solo in posti sperduti, verso mete già note, ad affrontare lunghe discese con carichi da capogiro e il suono del freno motore che sembra un treno a vapore. Comincio anche io a gestire manovre in spazi angusti, a prestare spasmodica attenzione ai particolari ritmi biologici della categoria “camionisti”, che mangiano quando non hanno fame e dormono quando non hanno sonno, per evitare di avvertire il peso della digestione nei momenti sbagliati del proprio lavoro.

Ma mio padre, sebbene fosse commosso da questo mio impegno, non si capacitava di quell’avverso manifestarsi di eventi che dalle mie parti chiamiamo volgarmente “sfiga”. Lui, in tanti anni di lavoro, non aveva mai avuto i disagi tecnici che ho avuto io in pochi mesi, disagi che definirli rari è poca cosa se si pensa che quando racconto questi episodi ad amici del settore, fanno fatica a credermi. Solo per citare alcuni esempi: durante un viaggio ebbi la capacità di rompere due sospensioni e forare ben 3 volte… e non contemporaneamente! In un’altra occasione il camion mi si fermò per un guasto su un ponte in autostrada. Provocai una coda che è rimasta negli annali dei record del traffico italiano.

E nonostante da ogni sfortunata occasione, senza farmi prendere dal panico, sia riuscito con fatica ed enormi perdite di tempo a venirne fuori, mio padre di fronte a questa strana energia sfavorevole, di fronte ad un mercato che era sempre più saturo e meno remunerativo, non pose alcun freno quando gli dissi che avrei voluto continuare gli studi universitari iscrivendomi al corso di laurea in Scienze Motorie a Foggia. Ritengo questa lunga parentesi della mia vita di grande importanza, perché mi ha aiutato a gestire la paura, l’ansia, il panico, mi ha insegnato quanto il sacrificio che a volte passa dal dolore, tempri i caratteri di ognuno. Insomma la perseveranza, la tenacia, l’attenzione al dettaglio, alla produttività, alla performance, sono strumenti di una mia simbolica cassetta degli attrezzi che ho riempito grazie a questa esperienza vissuta con mio padre.

Nel frattempo, ​durante gli anni universitari​la passione per l’allenamento e per la ricerca della performance nel Taekwondo cresceva a dismisura, tanto da riuscire a portare a casa numerose medaglie nei campionati regionali ed italiani.

Perciò, forse anche perché la vita extra universitaria di Foggia non mi offriva grossi spunti di socializzazione, mi iscrissi in una palestra dove ebbi la fortuna di confrontarmi con campioni italiani ed internazionali molto più forti di me. Fui selezionato dal CUS di Foggia per partecipare al Campionato Italiano Universitario di Taekwondo e riuscii a vincere la medaglia d’oro tra ben 44 cinture nere.

Intanto, preso dagli impegni agonistici per i costanti allenamenti, inconsciamente e nella totale inconsapevolezza, giorno dopo giorno, comincia a farsi insistente un fastidiosissimo dolore alla schiena. Passano settimane mesi, e questo dolore si fa sempre più ingombrante, diventa sempre più protagonista delle mie giornate, delle mie notti insonni nonostante le numerose applicazioni di pomate anti infiammatorie, di cerotti riscaldanti, di fasce lombari. Così nel 2005, dopo aver involontariamente ed inconsapevolmente finanziato i produttori farmaceutici di antinfiammatori e gastro protettori, mi è stata diagnosticata una “spondilolistesi”. In pratica due vertebre erano disallineate e l’unico modo per non vivere piegati dal dolore tutto il giorno, era l’intervento chirurgico.

Ovviamente prima di arrivare a questa conclusione, ho girato per ortopedici e neurochirurghi, sottoponendomi ad ogni tipo di trattamento. E dopo tante sofferenze mi ero convinto che l’intervento chirurgico era l’unica via d’uscita, pur consapevole che l’operazione era molto complessa e rischiosa. Ma la mia non era incoscienza. Per due anni ho convissuto con due tipi di dolore: il dolore fisico di un paziente, il dolore morale di un atleta. Ma sono stati due anni per me estremamente produttivi, che mi hanno consentito di studiare moltissimo e di guardare tutto da un’altra prospettiva. Sebbene non avessi un metodo di studio ordinato, quel duplice dolore, mi aveva spinto a studiare, a fare ricerche scientifiche, a conoscere una materia che oggi è parte della mia vita: la prevenzione.

Subito dopo la laurea, riposi quindi ogni mia speranza nell’intervento chirurgico e nel Maggio del 2008 mi sottoposi alla prima operazione ad opera del Dr. Jean Marie Gennari presso una clinica specializzata a Cotignola, nel ravvenate.

Otto lunghi mesi separavano il primo dal secondo intervento. E si, perché una volta ricostruita la vertebra con una porzione di osso prelevato dal bacino, letteralmente avvitato alla colonna vertebrale con 4 viti e due barre per stabilizzarla, bisognava attendere la calcificazione. Cosa feci in quegli 8 mesi? Continuai a studiare, nonostante mi fossi già laureato. ​Sentivo l’esigenza di compensare lo stallo fisico dovuto all’intervento, con un’attività per me me più impegnativa del Taekwondo, ma di sicuro più sedentaria, lo studio. Grazie allo studio capii che occorreva una lenta ma costante attività di recupero funzionale. E quando dopo 8 mesi appunto mi sottoposi al secondo intervento necessario per rimuovere quell’Ironman che era in me, potei subito cominciare una nuova vita agonistica il cui pilastro portante diventava proprio lei: la prevenzione.

Dalla teoria passai alla pratica, cominciai a studiare ed esaminare il mio corpo, tutti i movimenti, ogni singolo muscolo e iniziai a sperimentare sulla mia pelle quali strategie ed allenamenti potessero velocizzare il mio ritorno agonistico. Ho fatto tanti errori, creando nuovi dolori, ma proprio grazie a questi errori, ho potuto cambiare le mie abitudini ed ho potuto imparare a prevenire l’insorgere del dolore.

Ho potuto così tornare ad allenarmi e dopo poco più di 3 mesi dal secondo intervento, ho partecipato al Campionato Regionale di Taekwondo nella specialità POOMSE. Per tutti i miei conoscenti ero un pazzo, ma indovina un po’ come è andata? Ho vinto la medaglia d’oro. E poiché ero cosciente della straordinarietà di questo risultato, regalai la medaglia al Dr. Gennari’. Prima dell’intervento mi promise che mi avrebbe restituito una vita normale ​e per me tornare a praticare Taekwondo era la normalità. ​Così per quella promessa mantenuta sentivo l’esigenza di sdebitarmi, e gli spedii la medaglia con una lettera di gratitudine a cui l’ortopedico rispose definendo la mia esperienza un “master della vita”, fuori dall’ordinario. ​

Giorno dopo giorno prendevo coscienza del fatto che se non avessi avuto le problematiche che ho avuto alla schiena, non avrei mai capito quanto sia importante conoscere le cause di un mal di schiena. Ho imparato che il dolore lo si è in grado di attenuare solo quando lo si comprende in pieno. L’antidolorifico, l’anti infiammatorio o qualunque soluzione ci prescrive un medico è di fondamentale importanza per attenuare la sofferenza. Ma non è la via per eliminarne la causa. Ormai mi era chiaro: il più potente farmaco contro il mal di schiena è la giusta dose di movimento. E il movimento è prevenzione.

In quegli anni cominciai a lavorare in una palestra nella mia città.

La passione per la Performance forse assorbita nel Taekwondo, mi vide crescere professionalmente, tanto da arrivare ad essere preparatore atletico della squadra regionale di Taekwondo e successivamente di un grande talento del golf italiano, Francesco Laporta (​http://francescolaporta.it/​). Grazie alla continua ricerca di performance nel rispetto della prevenzione, con Francesco siam passati dai dilettanti alla massima espressione del golf europeo con L’EUROPEAN TOUR. Nel 2019 abbiamo disputato una stagione straordinaria vincendo due importantissime gare sul Challenge Tour arrivando primi nell’ordine di merito. Nella storia del golf nessun giocatore del sud Italia ha mai raggiunto risultati internazionali prestigiosi come questi.

Dal 2020 seguo anche la preparazione atletica di Antonio Giovinazzi pilota di Formula 1 dell’ Alfa Romeo Racing.

Intanto sono passati 6 anni, ed è ormai matura in me l’idea che l’insegnamento conquistato con la mia esperienza potesse servire per aiutare anche chi soffre di mal di schiena, non solo un atleta.

Ed a farmelo capire è stato proprio il Dr. GENNARI’ con cui sono ancora in contatto. Mi chiese di poter seguire alcuni suoi pazienti nel recupero funzionale, per imparare ad esser consapevoli dei propri movimenti, per imparare a gestire un dolore dovuto ad un’ernia, ad una protrusione, ad una lombalgia cronica. La cosa mi riempì d’orgoglio, ma anche di un gran senso di responsabilità, perché non potevo commettere nessuno dei miei errori su di loro. Allenarsi o anche semplicemente vivere con il mal di schiena non è affatto semplice. Ma ormai sapevo che la vera strada verso il benessere ha un asfalto fatto di abitudini. E l’allenamento costante è l’abitudine più importante, se si è decisi a vivere in assenza di dolore.

Così nel 2014, proprio in quei famosi garage dove mio padre parcheggiava i suoi camion, ho realizzato il sogno di aprire Performance LAB, per dare forza a quelle abitudini. Non proprio una palestra, bensì un luogo dove al centro c’è la persona e non gli attrezzi. Un laboratorio senza protocolli di allenamento, dove ognuno trova la sua dimensione in base alla propria personalità, ​ ​dove l’unico obiettivo è quello di insegnare il rispetto verso la colonna vertebrale attraverso la scelta dei corretti esercizi e i giusti carichi, per conquistare

la chiave che apre la porta verso una vita migliore. Un ambiente familiare, insomma, in cui ci si sente a casa anche grazie all’ospitalità e all’accoglienza di mia madre, che di tanto in tanto si affaccia in laboratorio per continuare a riempire di attenzioni me e chi mi circonda con le sue squisite ciambelle e la sua infinita sensibilità.

Intanto gli spogliatoi di Performance Lab, tutti i giorni e in qualunque ora del giorno, si riempiono di borsoni e accappatoi. Il mio progetto conquistava la fiducia di tantissime persone, addirittura troppe per esser seguite al meglio.

E grazie ai Social Network che ho sempre usato per dar visibilità al mio lavoro ​vengo contattato da gente da ogni parte d’Europa. Imprenditori, professionisti, semplici operai, casalinghe, ragazzi, anziani. Mi contattano per chiedermi consigli, per chiedermi di esser seguiti in un percorso di recupero funzionale dopo un intervento o dopo un lungo periodo di fermo dovuto ad un forte mal di schiena.

E quell’empatia che ho ereditato da mia madre, mi faceva prendere a cuore ogni situazione, tanto da mettere in discussione anche il mio tempo libero, i miei affetti, sempre più spesso compromessi dalla mole di lavoro che amavo e amo affrontare.

Così per venire incontro alle distanze che separano i garage di Performance Lab dalle vittime del mal di schiena in giro per il mondo, ho cominciato a sviluppare un percorso da poter divulgare facilmente attraverso corsi online fruibili dal WEB.

Ho chiamato questo percorso Intelligenza Lombare, col fine di far conquistare ad ogni utente l’insieme di quegli elementi fondamentali per una corretta prevenzione al mal di schiena. Insomma, per permettere a chiunque di fare propria quella conoscenza, quell’abitudine al movimento corretto, quell’intelligenza appunto, che a me ha permesso di tornare a sorridere.

È questa la ragione per cui il mio non lo definisco un lavoro, un’attività imprenditoriale come tante altre. Bensì una vera e propria missione, una visione di vita che mira al raggiungimento del benessere attraverso la prevenzione, la giusta dose del corretto movimento.

Perché l’abitudine alla prevenzione, aiuta a raggiungere le performance. ​E tutto questo l’ho capito conquistando “l’Intelligenza Lombare”

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In pochi minuti, grazie a un semplice video, avrai la possibilità di comprendere quali parti del tuo corpo funzionano meglio e quali possono essere causa del tuo Mal di Schiena. Solo con una maggiore consapevolezza, potrai ridurre e prevenire il dolore.

Luigi Angelini

Preparatore Atletico specializzato nella prevenzione del Mal di Schiena

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